Linux 6.14 supporterà ulteriori controller da gioco
In vista del lancio in versione stabile di Linux 6.14, in arrivo questo finesettimana, nello specifico per domenica 23 marzo, sono stati aggiunti un nuovo set di aggiornamenti che permette al kernel di espandere il supporto per nuovi controller da gioco, nello specifico la console portatile ZOTAC Gaming Zone, TECNO Pocket Go e altro.
Linux 6.14: aggiornato il supporto per ulteriori controller da giocoLe recenti aggiunte a Linux 6.14 riguardano nuovi ID fornitore/dispositivo del driver XPad, già inserite nel ciclo di sviluppo. Tra questi, come inizialmente accennato, c’è la console portatile ZOTAC Gaming Zone, supportata nel kernel insieme ai suoi controlli per l’input. Si tratta in particolare di una console lanciata lo scorso anno, che incorpora una CPU AMD Ryzen 7 8840U ma che purtroppo viene supportata solamente ora da Linux.
Un altro nuovo controller che sarà possibile utilizzare è TECNO Pocket Go. Oltre a ciò, è anche presenta una patch per correggere il nome del “QH controller”, inviata da uno sviluppatore Valve a gennaio. Questo nello specifico si tratta in realtà di un controller per Lenovo Legion Go S, dove ne era stato introdotto il supporto con SteamOS con il nome “QH controller”, ora corretto con il nominativo corretto.
Le patch per Linux 6.14 riguardano anche il supporto aggiunto per i controller BitDo SN30 Pro, Hyperkin X91 e Gamesir G7 SE. Il resto dei dettagli è disponibile nella pagina dedicata alla richiesta di inserimento.
La nuova versione del kernel è attesa per l’uscita in versione stabile già questa domenica, con diverse novità che interessano diverse aree, dal supporto hardware per nuovi dispositivi a miglioramenti per quelli già supportati, come per la gestione energetica per i portatili Lenovo ThinkPad i quali possono ora impostare le varie modalità a basso consumo, bilanciata e prestazioni massime. Non sono mancate le varie patch per Bcachefs che segano la ripresa dei lavori di sviluppo, dopo lo stop forzato durato qualche mese.
Questo articolo contiene link di affiliazione: acquisti o ordini effettuati tramite tali link permetteranno al nostro sito di ricevere una commissione nel rispetto del codice etico. Le offerte potrebbero subire variazioni di prezzo dopo la pubblicazione..bmaff_error { display: none !important;}Il giorno che la IA si rifiutò di eseguire un comando
Mancata acquisizione Amazon: futuro incerto per iRobot
iRobot ha pubblicato i risultati finanziari relativi al quarto trimestre e all’intero 2024. L’azienda di Bedford (Massachusetts) ha comunicato agli investitori che il suo futuro è incerto, considerati debiti, concorrenza e la mancata acquisizione da parte di Amazon.
iRobot cerca potenziali acquirenti?Lo scorso 11 marzo sono stati annunciati nuovi robot aspirapolvere. Leggendo il comunicato stampa relativo ai risultati finanziari sembra quasi che i nuovi modelli rappresentino il “canto del cigno” di iRobot.
Il CEO Gary Cohen ha ricordato il piano di ristrutturazione aziendale avviato all’inizio del 2024 con il licenziamento del 51% dei dipendenti. Ciò ha permesso di ridurre i costi rispetto al 2023, ma sono diminuite anche le entrate. L’azienda è quindi ancora in rosso con perdite operative superiori a 100 milioni di dollari. Deve anche restituire un prestito di 200 milioni di dollari al Carlyle Group.
Nel comunicato stampa è scritto che il consiglio di amministrazione valuterà diverse alternative, tra cui il rifinanziamento del debito e una possibile vendita. Viene inoltre evidenziato che il successo dei nuovi prodotti non è garantito per vari motivi (concorrenza, domanda dei consumatori, condizioni macroeconomiche), quindi “ci sono dubbi sostanziali sulla capacità della società di continuare ad operare“. In pratica, iRobot rischia il fallimento.
Le sorti dell’azienda potevano cambiare nel 2022, quando è arrivata l’offerta di 1,7 miliardi di dollari da Amazon. La Commissione europea ha tuttavia ravvisato un possibile impatto sulla concorrenza, quindi Amazon ha rinunciato all’acquisizione e pagato una penale di 94 milioni di dollari. In meno di una settimana, il valore delle azioni di iRobot è diminuito del 46%. La capitalizzazione di mercato è ora circa 107 milioni di dollari, quindi meno di un decimo della somma offerta da Amazon nel 2022.
Linux 6.14 RC7 anticipa la versione stabile ormai vicina
Linux 6.14 giunge alla sua settima release candidate, l’ultima prima della versione stabile, che dovrebbe essere disponibile già da questo fine settimana. Molte sono le novità che ci aspettano nella nuova versione che, come di consueto, amplia il supporto hardware e apporta anche diversi correttivi che permettono di gestire al meglio i dispositivi già supportati, oltre ad introdurre ottimizzazioni, migliorie e nuove funzionalità per il codice sorgente.
Linux 6.14 RC 7: gli ultimi ritocchi prima della versione stabileA meno che non si verifichi qualche contrattempo, Linux 6.14 è previsto per il rilascio in versione stabile questa domenica del 23 marzo. Tra le numerose nuove funzionalità, spiccano il driver NTSYNC già pronto per Wine e Proton, il driver AMDXDNA per le NPU Ryan AI e tanto altro.
Di seguito il commento di Torvalds in merito al rilascio dell’ultima release candidate:
“Le cose continuano a sembrare piuttosto tranquille e mi aspetto di rilasciare la versione finale 6.14 il prossimo weekend, a meno che non accada qualcosa di molto sorprendente.
Nel frattempo, ho rilasciato rc7 e, sebbene sembri tutto bello, piccolo e sicuro (le patch più grandi qui sono alcuni aggiornamenti di autotest e alcuni piccoli revert, ma c’è un piccolo rumore ovunque), sarebbe bello avere un’ultima settimana di buoni test. Quindi, per favore, dategli un’occhiata.”
Tra le recenti aggiunte a Linux 6.14 c’è il supporto a nuovi controller da gioco, oltre a ulteriori correzioni per il file system Bcachefs, il quale ormai ha ripreso a pieno lo sviluppo dopo lo stop forzato. Altre novità riguardano una gestione energetica migliorata per quanto riguarda i portatili ThinkPad di Lenovo, i quali possono ora impostare le varie modalità a basso consumo, bilanciata e alte prestazioni.
Non sono mancate patch per le nuove GPU RDNA 4, le quali permettono di liberare maggior risorse GPU e ottimizzare maggiormente le prestazioni delle schede video di nuova generazione.
Windows 11, l'aggiornamento disinstalla Copilot per errore
L’ultimo aggiornamento di Windows 11 ha fatto un bel casino. Ha disinstallato l’app Copilot e togliendola dalla barra delle applicazioni.
Windows 11, bug rimuove involontariamente l’App CopilotOvviamente Microsoft non ha potuto far finta di niente. In un documento di supporto per l’aggiornamento di marzo, ha dovuto ammettere che c’è un problemino con l’app Copilot su alcuni dispositivi. Ma possiamo stare tranquilli, sta lavorando per risolverlo. Nel frattempo, chi è tra gli sfortunati, può sempre reinstallare Copilot dal Microsoft Store e rimetterlo manualmente sulla barra delle applicazioni. Niente di trascendentale.
per Microsoft è chiaramente un errore dell’aggiornamento. Ma c’è da scommettere che qualche utente di Windows 11 che non vedeva l’ora di liberarsi di Copilot stia festeggiando… Del resto, Microsoft sta ancora cercando di capire come rendere il suo assistente AI davvero utile e ben integrato nel sistema operativo. Prima era solo una web app basica, poi è diventato un’app nativa con una UI migliorata e persino una scorciatoia per parlarci come si faceva con Cortana ai tempi di Windows 10.
Il futuro di Copilot? Lo scopriremo il 4 aprileMa Microsoft non si arrende. Anzi, ha in serbo grossi piani per Copilot, che svelerà il 4 aprile in un evento speciale per il suo 50° anniversario. Sul palco ci sarà nientemeno che Mustafa Suleyman, il CEO della divisione AI di Microsoft, pronto a stupirci con nuove funzionalità per Copilot. E chissà, magari annuncerà anche i fantomatici modelli di ragionamento AI sviluppati internamente per competere ad armi pari con OpenAI. O forse ci dirà come evitare che Copilot sparisca di nuovo con il prossimo aggiornamento di Windows…
Perché gli strumenti di ricerca AI non sostituiranno Google
Gli strumenti di ricerca basati sull’intelligenza artificiale si sono fatti notare parecchio negli ultimi anni. Uno su tutti, Perplexity. Sono diventati bravissimi in tanti tipi di ricerche e nel dare risposte semplici alle domande. Ma questo basterà basterà per fare fuori Google?
Non si tratta di sottovalutare le potenzialità dell’AI, anzi. Ma quando si parla di sostituire un colosso come Big G, che ha plasmato le nostre abitudini di ricerca per vent’anni, la questione si fa complicata. E pensare che “googlare” è diventato persino un verbo!
5 motivi per cui gli strumenti di ricerca AI non sostituiranno le ricerche su GoogleCi sono almeno 5 ostacoli che l’AI dovrà superare per vincere questa sfida.
1. Il tallone d’Achille dell’aggiornamentoPartiamo da un problema pratico: la freschezza dei risultati. Quante volte sarà capitato di cercare qualcosa con un tool AI e di ritrovarsi con fonti vecchie di anni. È frustrante, specie quando si fanno ricerche su temi di attualità o in rapida evoluzione. Google, invece, è una garanzia di aggiornamento costante. I suoi spider setacciano il web giorno e notte per indicizzare i nuovi contenuti. Non è raro vedere un articolo o un video appena pubblicato svettare nei risultati. Per un ricercatore, questa tempestività è oro colato.
Certo, anche gli strumenti AI possono migliorare su questo fronte. Ma finché non colmeranno il gap, rimarranno un passo indietro rispetto a Google. E gli utenti continueranno a preferire la certezza di risultati sempre freschi.
2. Il nodo della credibilitàC’è poi la questione spinosa dell’accuratezza e dell’affidabilità dei risultati. Diciamolo senza giri di parole: gli strumenti AI hanno ancora un problema di credibilità. Sarà perché tendono ad avere le allucinazioni e dare risposte inventate, o per la difficoltà a scremare le fonti autorevoli da quelle inattendibili. Fatto sta che è difficile fidarsi ciecamente di ciò che ci dicono.
Purtroppo può capitare di incappare in informazioni inesatte o contrastanti anche usando tool come Perplexity. Ecco perché, quando si ha la necessità di verificare un fatto o un’affermazione, molti preferiscono ancora affidarsi a Google. Per onestà intellettuale, va detto che nemmeno Big G è infallibile. Può capitare di trovare fake news o bufale anche nelle sue SERP. Ma nel complesso, ispira più fiducia rispetto alle AI di oggi. E in un’epoca di disinformazione dilagante, la credibilità è un asset fondamentale per un motore di ricerca.
3. Le abitudini sono dure a morire…Ma ammettiamo pure che gli strumenti AI risolvano i problemi di aggiornamento e affidabilità. Ammettiamo che diventino impeccabili nelle risposte e trasparenti nelle fonti. Basterà questo per convincere la gente ad abbandonare Google? Forse, o forse no.
Il punto è che Google non è solo un motore di ricerca. È un’abitudine consolidata, un riflesso automatico. Per molti di noi, è il punto di partenza istintivo per qualsiasi ricerca online. Lo usiamo da così tanto tempo che è diventato parte della nostra routine quotidiana. E sappiamo bene quanto sia difficile cambiare le abitudini, specie quelle comode e radicate.
Basta chiedere in giro. Quanti conoscono e usano davvero i tool di AI per le loro ricerche quotidiane? Sicuramente una minoranza. Anche perché sembrano fatti più per smanettoni e appassionati di tech che per il grande pubblico. Manca loro quell’appeal di massa che ha reso Google sinonimo stesso di ricerca online.
Certo, si può sempre sperare in un cambio generazionale. Magari le nuove leve, native digitali e avvezze all’AI, saranno più propense a sperimentare alternative a Google. Ma perché ciò accada, servirà un vantaggio tangibile e immediato. Un’esperienza di ricerca talmente superiore da giustificare lo sforzo di cambiare abitudine. E francamente, gli strumenti AI di oggi non sembrano offrire ancora questo vantaggio.
4. Il peso della semplicitàC’è poi un fattore che spesso sottovalutiamo: la facilità d’uso. Può sembrare banale, ma è uno dei segreti del successo di Google. Cosa c’è di più facile che digitare due parole in una casella e premere invio? Niente fronzoli, niente complicazioni. Non serve un manuale per capire come funziona.
Gli strumenti di ricerca AI, invece, di solito richiedono uno sforzo in più. In primis, le interfacce sono più complesse. Poi bisogna imparare a formulare le domande nel modo giusto (i prompt), a interpretare le risposte. Certo, niente di trascendentale. Ma è comunque una barriera in più per l’utente medio, abituato alla semplicità di Google.
Naturalmente, l’usabilità degli strumenti AI potrà migliorare, e anche in fretta. Ma per scalzare Google dovranno raggiungere un livello di semplicità e immediatezza paragonabile, se non superiore. E non è detto che ci riescano, perché dopotutto stiamo parlando di interagire con un’intelligenza artificiale, non con un banale motore di ricerca.
5. Il fattore “wow” che mancaInfine, c’è una questione di percezione e di hype. Diciamolo senza mezzi termini: l’AI è un po’ come la finanza. Tutti ne parlano, ma pochi la capiscono davvero. E molti iniziano a esserne un po’ stufi, specie dopo la sbornia mediatica degli ultimi mesi. Senza dubbio l’intelligenza artificiale cambierà molti aspetti della nostra vita, dalla sanità all’istruzione, dal lavoro allo svago. Ma per quanto riguarda le ricerche online, forse le aspettative si sono un po’ sgonfiate.
Sarà che gli strumenti di ricerca AI, per quanto impressionanti, non hanno ancora avuto quel “fattore wow” che ti fa pensare: “Cavolo, questa roba è magica, devo assolutamente usarla al posto di Google!“. Sarà che dopo un po’ ci si abitua anche ai dialoghi con un chatbot, per quanto sofisticato. Fatto sta che l’entusiasmo iniziale sembra un po’ scemato.
Anche qui, non è detto che le cose non possano cambiare. Magari domani uscirà un tool AI così rivoluzionario e sbalorditivo da far passare ChatGPT per un giocattolo. Ma per ora, all’orizzonte non c’è nulla del genere. E senza un fattore “wow”, per molti utenti il passaggio da Google all’AI rimarrà un “perché no” piuttosto che un “devo farlo subito“.
Il futuro della ricerca onlinePer ora nessuno di questi strumenti AI ha la forza di spodestare Big G dalla vetta delle ricerche online. Nemmeno colossi come Microsoft, che pure ci stanno provando con Bing (anche se non sempre in modo corretto) e altri tool AI. Perché il vantaggio di Google non è solo tecnologico, ma anche psicologico e culturale. È il vantaggio di chi ha plasmato le nostre abitudini e il nostro immaginario collettivo per vent’anni.
Non è un vantaggio inattaccabile o eterno. La storia della tecnologia è piena di giganti che sembravano invincibili e poi sono crollati sotto i colpi di qualche startup visionaria. Chissà che non tocchi anche a Google, prima o poi. Ma perché ciò accada, gli strumenti di ricerca AI dovranno fare un notevole scatto in avanti.
Deian 12.10 migliora sicurezza e stabilità
Il team di sviluppo Debian ha annunciato il rilascio di Debian 12.10, l’ultimo aggiornamento della serie stabile “Bookworm”. Questa versione, resa disponibile da pochi giorni, include una serie di correzioni bug e aggiornamenti di sicurezza, non introducendo nuove funzionalità o cambiamenti significativi al sistema.
Debian 12.10: migliorata la stabilità e la sicurezzaDebian 12.10 è un aggiornamento incrementale progettato per migliorare la stabilità e la sicurezza della distribuzione. Include patch per risolvere ben 68 bug e correzioni di sicurezza per 43 vulnerabilità, garantendo che gli utenti possano mantenere i loro sistemi sicuri e affidabili. Tra i pacchetti aggiornati ci sono clamav, exim4, filezilla, glibc, thunderbird e il kernel Linux, che ora è alla versione 6.1.82 LTS.
Altre correzioni critiche riguardano i pacchetti MariaDB, dove vengono risolti importanti problemi di sicurezza e stabilità, oltre che Python-Django che va a correggere vulnerabilità multiple, tra cui problemi di denial-of-service e SQL injection. Su Nginx è stata risolta una vulnerabilità che avrebbe permesso un possibile bypass dell’autenticazione del certificato client, mentre Widget corregge una gestione errata dei punti e delle virgole nelle informazioni utente negli URL.
Gli utenti che eseguono Debian 12 “Bookworm” con aggiornamenti regolari dai repository ufficiali potrebbero già aver ottenuto le migliorie qui elencate. In alternativa, sono anche disponibile le immagini ISO aggiornate per nuove installazioni, che includono tutte le patch rilasciate finora, utile se si desidera installare Debian senza dover scaricare immediatamente un gran numero di aggiornamenti post-installazione.
Per aggiornare un sistema esistente a Debian 12.10, gli utenti possono semplicemente eseguire i seguenti comandi nel terminale:
sudo apt update && sudo apt upgradePer maggiori dettagli sulla nuova versione è possibile consultare l’annuncio ufficiale sul sito di Debian. Le immagini ISO aggiornate per Debian 12.10 sono disponibili per il download per le piattaforme x86_64, arm64, i386 e altre. Chi volesse scaricare l’immagine principale del sistema, in formato netinst, può scaricarla invece da qui.
Apple, la IA ''fatta in casa'' non Ú poi così intelligente
Alphabet Taara diventa indipendente e sfida Starlink
Taara non è più un “moonshot”, ovvero un progetto sperimentale. Alphabet ha annunciato che ora è un’azienda indipendente. Taara sfrutta una tecnologia derivata da Project Loon che permette di offrire connettività a banda larga in aree remote tramite segnali laser. Diventerà quindi un concorrente del servizio Starlink di SpaceX.
Come funziona TaaraProject Loon prevedeva l’uso di palloni aerostatici per portare la connettività in aree remote sfruttando la trasmissione laser. Il progetto è stato chiuso all’inizio del 2021 a causa di ostacoli tecnici, regolamentari e politici, ma alcune tecnologie si possono trovare in Taara.
Utilizzando terminali grandi come un semaforo, montati su torri cellulari, pali o alberi, è possibile inviare un segnale laser dal trasmettitore al ricevitore (che devono essere visibili tra loro) e viceversa fino ad una distanza di 20 Km. All’interno dei terminali ci sono sensori e specchi. Questi ultimi si muovono per allineare i raggi laser finché non viene stabilito un collegamento stabile. Il sistema consuma solo 40 Watt, non richiede specifiche licenze e offre una velocità massima di 20 Gbps.
A fine febbraio è stato annunciato un nuovo chip più compatto che elimina la necessità di specchi e lenti. Taara è già funzionante in 12 paesi, tra cui India e aree dell’Africa. Da settembre 2021 è attivo un collegamento laser tra Brazzaville (Repubblica del Congo) e Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) che copre una distanza di circa 5 Km.
La nuova startup si trova a Sunnyvale (California) e ha 24 dipendenti. Alphabet conserverà una quota di minoranza. Taraa potrebbe insidiare Starlink. Il servizio di SpaceX ha ovviamente una maggiore copertura geografica, ma le prestazioni sono nettamente inferiori. I terminali di Taara possono essere installati in poche ore e il raggio laser non subisce le interferenze delle frequenze radio.
YouTube: bug riproduce gli Shorts in automatico, come risolvere
L’app di YouTube ha un problema, e non da poco. Per alcuni utenti, i video in formato Shorts si aprono automaticamente non appena si avvia l’app, bypassando la homepage. Un comportamento anomalo che sta facendo impazzire parecchia gente.
YouTube apre gli Shorts all’avvio: come risolvere il bugNegli ultimi anni YouTube ha spinto molto sugli Shorts, la sua risposta a TikTok. Questi brevi video hanno una tab dedicata nell’app mobile, compaiono nei feed della Home e delle Iscrizioni e in generale sono onnipresenti. Ma per alcuni sfortunati utenti, gli Shorts sono diventati fin troppo invadenti.
Il bug si manifesta quando l’ultimo contenuto visualizzato su YouTube è uno Short. La volta successiva che si apre l’app, ci si ritrova catapultati direttamente negli Shorts, anche se magari si voleva vedere tutt’altro. E ultimamente sembra che sia sufficiente aver aperto gli Shorts una volta perché l’app decida di partire sempre da lì, ignorando la homepage.
Il bug ha colpito soprattutto i Nothing Phone (3a) e i Pixel 9 Pro Fold con l’ultima versione dell’app YouTube, ma stando alle segnalazioni su Reddit, il fenomeno è diffuso e in crescita nelle ultime settimane. Non è chiaro quanti utenti abbiano riscontrato lo stesso problema, né se il bug si verifichi anche sui dispositivi iOS.
Una soluzione temporanea in attesa della patch ufficialeChiudere l’app o forzarne l’arresto non serve a nulla. L’unico modo per sbarazzarsi del problema è resettare l’app, cancellando dati e cache. Ma attenzione: non appena si riapriranno gli Shorts, il bug tornerà a fare capolino. Su Android, dove YouTube è preinstallato e non può essere disinstallato del tutto, si può ottenere lo stesso effetto facendo “disinstalla aggiornamenti” dal Play Store. Speriamo che Google risolva il problema al più presto.
Furto di credenziali tramite false email di Booking
Microsoft ha individuato una campagna phishing da dicembre 2024 (e ancora in corso) che sfrutta la notorietà di Booking per distribuire malware. I bersagli dei cybercriminali sono principalmente gli hotel che usano il servizio di intermediazione dell’azienda olandese. L’obiettivo è rubare dati sensibili attraverso vari infostealer.
Phishing e ingegneria socialeGli autori degli attacchi sono stati identificati come Storm-1865 da Microsoft. Le email inviate alle vittime sembrano provenire da Booking. Il contenuto è variabile. Può essere una richiesta di un potenziale ospite, un riferimento ad una recensione negativa oppure la verifica dell’account.
L’email include un link che porta su un sito fake simile a quello di Booking. Viene quindi chiesto di risolvere un CAPTCHA che, in realtà, sfrutta la nota tecnica di ingegneria sociale ClickFix. L’ignara vittima deve aprire Esegui... con Windows + R, premere la combinazione CTRL + V ed eseguire il comando. Con la combinazione CTRL + V viene copiato il comando che scarica il malware.
Microsoft ha rilevato diverse famiglie di infostealer, tra cui XWorm, Lumma stealer, VenomRAT, AsyncRAT, Danabot e NetSupport RAT, che accedono a numerosi dati sensibili (credenziali, cookie, informazioni di pagamento e altri). Successivamente vengono inviati al server C2 (command and control) gestito dai cybercriminali.
L’azienda di Redmond fornisce una serie di consigli per evitare il pericolo: verificare il mittente dell’email, contattare direttamente Booking, posizionare il puntatore del mouse sul link (senza cliccare) per leggere l’URL completo, cercare eventuali errori di ortografia, utilizzare soluzioni di sicurezza e attivare l’autenticazione multi-fattore.
GIMP 3.0 ufficialmente rilasciato in versione stabile: ecco le novità
Dopo anni di sviluppo, GIMP 3.0 è finalmente disponibile in versione stabile, rappresentando un importante aggiornamento che interessa soprattutto interfaccia, prestazioni e funzionalità del celebre editor di immagini open-source e gratuito per tutte le piattaforme principali. Motivo per cui, di seguito, andremo a elencare tutte le novità introdotte nella nuova versione.
GIMP 3.0: cosa c’è di nuovoGIMP 3.0 passa innanzitutto completamente a GTK3, abbandonando il vecchio toolkit GTK2. Questo aggiornamento offre un’interfaccia più fluida e moderna, oltre a una migliore compatibilità con gli ambienti desktop contemporanei. Il passaggio è anche stato motivato da bug irrisolvibili che caratterizzavano la vecchia libreria, di cui ci si è di fatto sbarazzati passando alla nuova.
Ciò permette di beneficiare di:
- Un miglior ridimensionamento dell’interfaccia su schermi a DPI elevati e un conseguente adattamento ottimale di tutti gli elementi, anche quelli più piccoli, per una maggior comodità visiva.
- Input migliorato per i tablet, con interazioni più fluide e più stabilità nell’utilizzo dell’editor.
- Temi basati su CSS, per una personalizzazione e tematizzazione più accessibile.
- Un supporto Wayland nativo su Linux, pur continuando a funzionare anche con X11, per un’esperienza di visualizzazione più moderna e al tempo stesso una compatibilità garantita in tutte le distribuzioni.
Un’altra interessante novità di GIMP 3.0 sono i filtri non distruttivi che, a differenza delle versioni precedenti, non si fondono con i livelli, evitando all’utente la necessità di annullare più passaggi nel caso in cui serva modificare le impostazioni. I filtri attivi vengono infatti conservati, con la possibilità di essere rivisti in qualsiasi momento.
Si può ad esempio attivare o disattivare un filtro, in modo da avere un’idea veloce sull’effetto applicato, nonché eliminare selettivamente quelli non necessari senza ripristinare le modifiche. Viene anche ancora resa disponibile l’opzione “Unisci filtri”. Questa flessibilità è disponibile anche per i filtri di terze parti.
GIMP 3.0 migliora poi l’accuratezza del colore, con una gamma più ampia di profili RGB, tra cui è anche presente AdobeRGB, gettando le basi anche per modalità come CMYK e LAB. Non mancano ricche novità anche nell’interfaccia, con una nuova finestra di dialogo, una riorganizzazione dei livelli e molto altro, che è possibile consultare nel dettaglio attraverso l’annuncio di rilascio, mentre nella pagina ufficiale è possibile scaricare la nuova versione.
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Amazon taglia il prezzo di It Takes TwoPremiato come miglior titolo dell’anno all’uscita, è difficilmente catalogabile in un solo genere: il gameplay è talmente vario e diverso tra una sezione e l’altra da sfuggire a ogni definizione. Di certo è fortemente consigliato a chi vuole vivere un’avventura in compagnia: coinvolgente e avvincente, ancora di più in compagnia di un amico (o del partner) seduto al proprio fianco sul divano, anche se non manca il multiplayer online. La storia prende come fonte di ispirazione una crisi coniugale per un viaggio davvero epico. Ottima anche la longevità. Scopri di più nella scheda del gioco.
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Meta all'attacco del libro scandalo dell'ex dipendente
Meta ha segnato un punto nella sua battaglia legale contro Sarah Wynn-Williams, un’ex impiegata che ha appena pubblicato un libro esplosivo sulla sua esperienza in azienda. Intitolato “Careless People“, dipinge un ritratto poco lusinghiero del colosso dei social media. Ma un arbitro ha stabilito che Meta potrebbe avere ragione nel sostenere che Wynn-Williams abbia violato l’accordo di non diffamazione firmato quando ha lasciato l’azienda nel 2017.
Divieto (temporaneo) di promozione, ma il libro volaL’arbitro ha vietato a Wynn-Williams di promuovere o distribuire ulteriormente il suo libro, almeno finché non si concluderà l’arbitrato privato. Ma “Careless People” resta in vendita e anzi sembra beneficiare dell’effetto Streisand: più Meta cerca di zittirlo, più il libro fa parlare di sé. Tanto che domenica pomeriggio era il terzo libro più venduto su Amazon.
L’editore Macmillan non molla, anzi, appoggia l’autrice e continuerà a promuovere il libro. Si è detto inorridito dalle tattiche di Meta per mettere a tacere la sua autrice attraverso l’uso di una clausola di non denigrazione in un accordo di buonuscita.
“Careless People” offre uno sguardo scioccante su Facebook, soprattutto sui suoi rapporti con la Cina e altri governi. La donna ha presentato anche una denuncia alla SEC, sostenendo che Facebook nel 2015 avrebbe architettato un piano per piazzare un “caporedattore” che potesse censurare contenuti o bloccare il sito in Cina quando il partito al governo lo chiedeva.
Meta ha reagito come ci si aspetterebbe: ha liquidato il libro come un miscuglio di vecchie storie già raccontate e false accuse contro i dirigenti, e hanno dipinto l’autrice come una dipendente cacciata otto anni fa per scarso rendimento.
Le accuse di molestie: Meta respinge tuttoIl libro racconta anche incontri imbarazzanti tra Joel Kaplan, ora vicepresidente delle politiche pubbliche globali di Meta, e l’autrice del libro, che sostiene che lui si sia strusciato contro di lei a un evento di lavoro, l’abbia descritta come “provocante” e abbia fatto “strane osservazioni” su suo marito. Meta afferma di aver indagato sulle accuse di molestie di Wynn-Williams e di averle trovate “fuorvianti e infondate“.
Anche alcuni dipendenti ed ex dipendenti di Facebook hanno fatto a pezzi il libro della Wynn-Williams. Ma quando Business Insider l’ha intervistata prima della decisione dell’arbitro, lei ha scrollato le spalle di fronte alle critiche di Meta e degli ex colleghi, dicendo che è tutto fumo negli occhi. A suo dire, Meta sta usando questa tattica per evitare di rispondere alle vere domande.
Questo articolo contiene link di affiliazione: acquisti o ordini effettuati tramite tali link permetteranno al nostro sito di ricevere una commissione nel rispetto del codice etico. Le offerte potrebbero subire variazioni di prezzo dopo la pubblicazione..bmaff_error { display: none !important;}Ritorna DCRat, attenzione ai video su YouTube
I ricercatori di Kaspersky hanno rilevato una nuova ondata di attacchi con DCRat, una backdoor distribuita attraverso video pubblicati su YouTube. Il malware è modulare e offre altre funzionalità, tra cui il furto delle password. Il cybercriminali che gestiscono l’infrastruttura non sono noti, ma sono certamente di origine russa.
Dettagli su DCRatGli esperti di Kaspersky hanno individuato nuovi attacchi all’inizio dell’anno. DCRat (Dark Crystal Remote Access Trojan) viene venduto ai cybercriminali in abbonamento utilizzando il noto modello MaaS (Malware-as-a-Service). I cybercriminali garantiscono supporto e forniscono l’infrastruttura, in particolare i server C2 (command and control).
La catena di infezione prevede innanzitutto la pubblicazione di video su YouTube tramite account fasulli o rubati. I video riguardano cheat per giochi, crack, bot e software simili. Il link a tali contenuti sono presenti nelle descrizioni dei video, insieme alla password necessaria per aprire gli archivi RAR protetti ospitati su servizi di file sharing legittimi.
All’interno degli archivi ci sono diversi file e directory, tra cui un’eseguibile che dovrebbe essere il tool pubblicizzato. In realtà è DCRat. All’avvio crea una backdoor che consente l’accesso remoto ai cybercriminali. Il malware è modulare, quindi può aggiungere altre funzionalità attraverso 34 plugin, tra cui keylogging (registrazione dei tasti premuti), accesso alla webcam e furto di password. In pratica è anche spyware e infostealer.
L’infrastruttura è composta da almeno 57 domini di secondo livello e oltre 40 domini di terzo livello che ospitano i server C2. In base alle telemetria di Kaspersky, la maggioranza delle vittime (80%) si trova in Russia. Altri utenti colpiti sono in Bielorussia, Kazakistan e Cina. Il consiglio è ovviamente quello di non scaricare nessun cheat o crack per giochi.
Questo articolo contiene link di affiliazione: acquisti o ordini effettuati tramite tali link permetteranno al nostro sito di ricevere una commissione nel rispetto del codice etico. Le offerte potrebbero subire variazioni di prezzo dopo la pubblicazione..bmaff_error { display: none !important;}Il nuovo MacBook Air M4 è stato smontato da iFixit
Il nuovo MacBook Air M4 che Apple ha da poco immesso sul mercato è stato totalmente smontato dal team di iFixit, rivelando che l’azienda ha mantenuto lo stesso design interno dei modelli precedenti.
MacBook Air M4: il teardown di iFixitCome visibile anche dal video annesso di seguito, nonostante l’aggiornamento del chip M4 e della webcam, l’organizzazione dei componenti interni non ha subito modifiche rilevanti rispetto al pregresso modello che era stato lanciato nel 2022. Inoltre, l’apertura segue lo stesso processo del MacBook con chip M2.
Tra le note positive, vengono segnalate le porte USB-C facili da sostituire, il che è un vantaggio visto e considerato che sono tra le parti più soggette a usura. Apple fornisce inoltre manuali e parti originali, facilitando alcune riparazioni.
Tra i punti critici, invece, vi è una batteria ancora fissata con adesivo tradizionale, rendendo la sostituzione più complessa. Inoltre, Display, tastiera e Touch ID difficili da riparare aumentando i costi in caso di guasto. Sono stati rilevati anche problemi di pairing delle parti, per cui andare a sostituire componenti con pezzi non ufficiali Apple può creare incompatibilità.
Oltre a ciò, iFixit ha evidenziato che, nonostante la “mela morsicata” offra più documentazione e parti di ricambio ufficiali, la necessità di calibrazione dei componenti limita la riparabilità fai-da-te.
Il punteggio finale riguardo il grado di riparabilità è dunque di 5 su 10 e riflette una situazione in cui alcune riparazioni sono accessibili, ma per molte altre sono indispensabili strumenti specifici o interventi costosi direttamente nei centri Apple.
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